Eccoci. Finalmente. I giorni del Colle sono iniziati. Probabilmente saranno almeno tre. Una sorta di weekend lungo. Ore politicamente caldissime che coincidono con i giorni della merla, i più freddi dell’anno.
Due anni fa c’era il sole quando 101 franchi pugnalatori affossavano la candidatura di Romano Prodi, chiudendo di fatto la stagione di Pierluigi Bersani alla guida del PD. Erano serate primaverili quelle in cui si ngrossava il coro pentastellato fuori da Montecitorio. “Ro-do-tà, Ro-do-tà”, gridavano più o meno consapevoli i manifestanti dell’ultim’ora, promettendo una rivoluzione mai arrivata. Giorni confusi. Lo psicodramma del Partito Democratico e l’alba soffusa dei movimenti. Lo stallo della politica tradizionale, la rielezione di re Giorgio.
Oggi Roma si è svegliata con un cielo sereno. I meteorologi annunciano pioggia per le prossime ore. Cielo #staisereno ancora per poco, viene da dire, parafrasando l’inizio dell’avventura al governo di Matteo Renzi. Nei freddi giorni della merla, in una città attraversata dagli inquietanti voli dei gabbiani, l’ex sindaco di Firenze si gioca tantissimo.
Non può fare una scelta ecumenica. In un modo o nell’altro deve rottamare qualcosa. O il partito che guida, scegliendo un nome condiviso con Berlusconi, o il patto del Nazareno, puntando su una candidatura che rompa quella “profonda sintonia” con Forza Italia che va avanti da un anno.
È la scelta più difficile dall’inizio del suo governo. A quanto pare, un nome c’è: Sergio.
Sì, Sergio. Semplicemente, senza cognome. Da renziani, si parte e si arriva con Sergio. E non solo al Colle.
Sapete già tutti che in queste ore, il cognome fatto dal Matteo premier è Mattarella. Un ex democristiano, padre della riforma elettorale maggioritaria del ’93. Un giudice della Corte Costituzionale siciliano dai trascorsi specchiati. E che può vantare nel curriculum uno scontro col Silvio imprenditore: le dimissioni da ministro Dc all’epoca dell’approvazione della legge Mammì. Quella per capirsi che concesse a Berlusconi di trasmettere in diretta su tutto il territorio nazionale.
Un Sergio che non piace proprio al Silvio politico. Ma il fatto che il suo nome sia filtrato ieri sera fa sentire puzza di bruciato. “Si arriva e si parte con Mattarella”, si è lasciato scappare Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria Pd.
Difficile che sia così. Renzi che sceglie un uomo della Prima Repubblica subito, senza tentare un colpo a effetto, sembra davvero una mossa insolita per un leader abituato a giocare all’attacco. Cercando magari di imporre un sindaco al Colle. Un altro Sergio. Quello che aveva proposto già due anni fa: Sergio Chiamparino.
Un amministratore di esperienza, ma più giovane e più vicino alla narrazione genziana. L’uomo che ha favorito l’ascesa imprenditoriale di Oscar Farinetti e che ha appoggiato il Matteo rottamatore fin dalle prime Leopolde.
Un Sergio che simboleggia l’idea di sinistra del segretario-premier: pragmatica, risoluta, post-ideologica. Una sinistra che sorpassa i sindacati e ascolta gli imprenditori. Che appoggia le scelte di Marchionne, un Sergio che porta la Fiat lontano dall’Italia, salvando comunque posti di lavoro per gli italiani.
Sergio. È questo il nome che cercavate. A patto che non si metta di traverso. Cofferati ne sa qualcosa. Dai tre milioni del Circo Massimo si è ritrovato nel circo delle primarie liguri. Ha protestato, senza trovare risposta. E ha salutato il Pd. Mantenendo comunque il posto da eurodeputato a Bruxelles. Perché lasciare il partito costa dolore, ma lasciare una carica costa certamente di più. Un Sergio che non si vede senza seggio.
In ogni caso, tra qualche ora sapremo chi sarà il nuovo inquilino del Quirinale. Magari non ci sarà alcun Sergio e tutti questi discorsi voleranno via come merli. Resta un rimpianto. La mancanza di trasparenza sull’elezione del garante degli italiani.
Renzi ascolta Jovanotti e i Muse, ma questo arroccamento del Palazzo mi fa venire in mente una colonna sonora diversa. Un uomo capace di narrazioni tristi e profonde, uno da Prima Repubblica. Un altro Sergio: Endrigo.
Lontano dagli occhi. “Per uno che torna e ti porta una rosa, mille si sono scordati di te”.
Parole buone per tutti gli annunciatori di rivoluzioni mai sbocciate.
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