Un’ora di confronto. Sicuramente per conoscersi. Per aiutarsi, forse. L’incontro a palazzo Chigi fra Matteo Renzi e Alexis Tsipras ha inaugurato il tour europeo del nuovo primo ministro greco. Un tentativo del numero uno di Syriza di spiegare lontano da Atene le posizioni del suo governo. Un viaggio per convincere le cancellerie che c’è bisogno di un’Europa diversa.
Tsipras non vuole dare l’idea di un mendicante che gira per le capitali col cappello in mano. Le sue parole sono focalizzate sulla necessità urgente di un cambio di passo. “Le politiche di austerità della Troika ha portato la Grecia ad avere un debito al 179%. Ha ulteriormente impoverito le famiglie” – attacca il premier ateniese – “Noi vogliamo soluzioni di reciproco vantaggio, proponiamo nuove riforme senza creare altri deficit o dover pagare nuovi prestiti”.
Le colpe dei padri non ricadano sui figli. È questo il senso del messaggio di Tsipras, che guarda con speranza al suo coetaneo omologo italiano. Due quarantenni uniti per rottamare la classe politica degli sprechi, la partitocrazia che ha portato Atene più di Roma sull’orlo della bancarotta. Renzi lo ascolta, ma al di là delle cordialità istituzionali, non sembra voler salire sulla stessa barca.
“Non si costruisce una politica economica sul deficit. Serve attenzione sui numeri ma allo stesso tempo un’efficace opera di riforme sociali”, afferma il premier italiano, che tende una mano a Tsipras per quanto riguarda il percorso politico ma mostra molte più titubanze sulle richieste economiche dell’esecutivo greco.
Renzi sottolinea in modi diversi l’urgenza di restituire il primato alla politica. E su questo punto si dice “pronto a dare una mano in tutte le sedi istituzionali alla Grecia”. Ma la verità è che questi due leader quarantenni non “parlano la stessa lingua”, come invece dice Tsipras.
Il vecchio adagio “una faccia, una razza” nel confronto fra i due leader quarantenni appare davvero sfumato. Coetanei antropologicamente diversi. Figli della stessa generazione, ma distanti anni luce nella narrazione di sé e del mondo.
Tsipras si pone come il vendicatore di quei movimenti no global messi all’angolo da Genova in poi. Quel giorno del 2001 il giovane Alexis aveva cercato di raggiungere il capoluogo ligure ma era stato fermato e percosso ad Ancona dalla polizia. Nelle sue promesse elettorali riecheggia costantemente l’attacco alla stessa elitè politica e finanziaria, a quella “zona rossa” che vede Atene come un problema. Lavorava come ingegnere e sognava la rivoluzione.
Renzi non è mai stato un uomo da barricate. La sua “rottamazione” era un attacco al ventre molle della politica italiana. Con la nomina di Mattarella ha dimostrato di avere a cuore più la restaurazione di un sistema di valori che una rottura di un intero sistema. Si è formato negli scout e coi programmi televisivi delle televisioni commerciali. Ogni volta che dice qualcosa riesce a vedersi da fuori e tara ogni gesto, ogni parola. Un animale mediatico superiore al suo coetaneo greco, ma anche un politico consapevole di godere di un credito a livello europeo da gestire con attenzione.
In sostanza Renzi dà il benvenuto in Europa, cercando di fargli strada senza accettare però bruschi colpi di testa. Ne condivide l’entusiasmo e un vocabolario incentrato più sulla speranza che sulla paura. Ed è sicuro che le idee corsare sbandierate in campagna elettorale saranno annacquate dalla quotidiana pratica di governo.
Del resto, anche se partendo da posizioni diverse, è successa la stessa cosa a lui. Alla fine dell’incontro, Renzi fa un regalo che suona come un augurio al suo collega. Una cravatta italiana. Tsipras non ne ha mai indossata una e ha promesso di farlo solo quando la Grecia cancellerà il debito. Alexis ricambia con un cd di musiche tradizionali pugliesi. Un regalo un po’ anacronistico nell’era di iTunes e degli mp3.
Renzi di solito ascolta i Muse e Jovanotti. Ma questo per Tsipras non conta molto. L’importante è che da oggi ascolti soprattutto il pianto greco. E che lo aiuti ad asciugare le lacrime e a fare le riforme.
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