Michael, il jihadista canadese che fumava l’erba

MIchael Zehaf-Bibeau, l'attentatore di Ottawa

MIchael Zehaf-Bibeau, l’attentatore di Ottawa

Il jihadista “cattivo” si chiamava Michael. Un nome occidentale per l’uomo che ha aperto il fuoco contro chi riteneva responsabile degli attacchi al suo mondo, quello islamico.Michael era nato a 32 anni fa nel Quebec, in Canada. Una terra di continui rigurgiti separatisti, francofona, ma mai vista come un covo di terroristi islamici votati al martirio.

Sul suo cognome aleggia il mistero. Fonti americane lo hanno identificato in un primo momento come Michael Joseph Hall, canadese, convertito una decina di anni fa all’islam, col nuovo nome Michael Zehaf-Bibeau. In realtà non sembra che sia così.

L’attentatore si chiama Zehaf-Bibeau da sempre. C’è traccia di lui nel casellario giudiziario canadese già dal 2001. Colpa di una banale denuncia per guida in stato d’ebbrezza e di un tentativo di falsificare una carta di credito.

Primi reati di una vita turbolenta, ma poco compatibile con una rigida disciplina islamica: nel 2004 sessanta giorni di carcere per possesso di sostanze stupefacenti. E la sua passione per la marijuana gli porta ulteriori guai nei due anni successivi. Fino al 2011 quando viene brevemente arrestato a Vancouver per furto e minacce verbali, anche se ritenuto colpevole solo del secondo capo d’accusa,

Piccoli problemi con la giustizia che portano alla revoca del suo passaporto. E al distacco dai suoi genitori. Secondo Radio Canada, il padre sarebbeBulgasem Zahaf, uomo d’affari libico, molto conosciuto a Montreal per aver gestito un locale, il Tripol bar, fra il 1994 e il 2002. Al suo arrivo in Canada, avrebbe conosciuto una donna, Susan Bibeau, funzionaria dell’ufficio immigrazione. Una relazione entrata presto in crisi con il divorzio nel 1999, due anni prima che iniziassero i guai giudiziari del figlio.

Un amico di Michael ha riferito di averlo incontrato in una moschea solo sei mesi fa a Vancouver. L’attentatore gli aveva manifestato il desiderio di tornare in Libia per studiare al meglio i fondamenti dell’Islam, aggiungendo anche di sentire il fiato del diavolo sul collo. “Forse aveva qualche problema mentale, ma non mi sembrava che coltivasse idee estremiste”, ha dichiarato al Globe and Mail l’amico Dave Brathurst.

Un islamico poco accettato dai suoi stessi compagni di preghiera. I membri anziani della moschea di Vancouver lo avevano allontanato per comportamenti “eccentrici“. Da lì forse la volontà di diventare un “lupo solitario”, di sposare l’integralismo dello Stato islamico e di attaccare il Parlamento canadese. La sua prima foto, dopo lo scontro a fuoco di Ottawa, è stata postata da un profilo Twitter legato all’Isis. Michael appare con un fucile in mano, la keffyah al collo e una chioma selvaggia al vento. Un’immagine senza data e senza riferimenti geografici.

Michael forse era già stato nel Medio Oriente prima di tornare in Canada a fare il minatore sulla West Coast. Il suo desiderio di tornare in Libia era stati bloccato a luglio dalle autorità canadesi: i suoi precedenti e il sospetto di una deriva estremista delle sue eccentriche idee lo avevano reso un “viaggiatore a rischio”. La sua corsa si è fermata a Ottawa. Aveva appena ucciso un soldato quando un altro militare, Kevin Vickers, lo ha freddato. In quel momento l’attentatore si stava avvicinando al primo ministro Stephen Harper. Vickers ha abbandonato il suo consueto ruolo di guardarobiere e indossato i panni dell’eroe nazionale.

Ai suoi piedi, il corpo di un ragazzo di 32 anni, arrivato lì con una Toyota Corolla per fare una strage e finito in una pozza di sangue a pochi passi dal suo obiettivo.

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