Storia di un tifoso del Leicester. Da Watford a Watford

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La disperazione dei tifosi del Leicester quel 12 maggio a Watford

“I can’t believe. We lost”. E poi resta fermo, senza altre parole. Frank non può credere ai suoi occhi. Il suo Leicester ha appena perso l’appuntamento con la storia. In un minuto, con la crudeltà che lo sport sa riservare.

È il 12 maggio del 2013. Frank è arrivato a Vicarage Road insieme ad altre centinaia di persone vestite come lui. Sciarpa e maglia biancoblù addosso, un esercito vociante che ha invaso lo stadio di Watford per spingere le “volpi” a Wembley. Sì perché quel Watford-Leicester, semifinale di ritorno della Championship, la serie B inglese, è il penultimo passo verso la gloria. E la gloria, se calci un pallone dove Dio è chiamato a salvare la regina, passa da Wembley, il teatro di tutte le finali.

Ma quella partita il Leicester non l’avrebbe mai giocata. E mentre migliaia di persone invadono il campo folli di gioia, Frank mette le mani a conca, coprendosi la bocca e il naso. Lascia scoperti gli occhi. Poi li chiude. Non vuole guardare la festa degli avversari. Rivede invece, senza volerlo, i flash di quell’ultimo, pazzo, minuto.

Vorrebbe cancellarlo per sempre, ma sa già che diventerà il ricordo che lo terrà sempre al guinzaglio. E allora lo ripercorre quel maledetto minuto. Il tempo è scaduto. Il Leicester perde 2-1, ma avendo vinto 1-0 all’andata, il verdetto sarebbe rimandato ai supplementari. I gol in trasferta non contano doppio in questi playoff. Siamo in parità, ma a pochi secondi dalla fine, l’arbitro Oliver concede un rigore alle Foxes. In quello spicchio di curva di Vicarage Road c’è chi si abbraccia, chi vede Wembley e chi non guarda. Frank fissa il campo. Si tira proprio lì, sotto ai suoi occhi.

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Andrew Knockhaert si dispera a fine partita

Va sul dischetto il francese Andrew Knockhaert. Se l’è procurato lui l’appuntamento con la storia. Il fallo l’ha commesso Marco Cassetti, l’ex terzino della Roma. Già Cassetti, l’uomo che nel 2009 decise un derby al ’77 con il 77 sulle spalle. Un numero e un nome a lungo sui muri della Capitale. Knockhaert tiene il pallone fra le mani. Ha la sfrontatezza dei suoi 22 anni e la voglia di spingere quella sfera in fondo alla rete. Immagina già la sua corsa in braccio a Frank e agli altri tifosi. Oliver fischia. Rincorsa breve. Andrew guarda il portiere fino alla fine. Sinistro rasoterra. Centrale. Troppo centrale. Almunia chiude la porta col piede. La sua e quella di Wembley. “He saved”, dice Frank senza muovere un muscolo. L’arbitro dovrebbe fischiare, ma l’azione è già ripartita.

 

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Il gol che porta il Watford alla finale di Wembley

Quel sogno così vicino ai suoi occhi, adesso è svanito. Resta il boato dei padroni di casa. Saltano tutti e nessuno capisce che ancora non è finita. In cinque secondi il Watford è già nell’altra metà campo. Oliver non fischia. C’è un cross lungo in area. Schmeichel junior, portiere del Leicester e figlio del leggendario Peter, esce come un saltimbanco. Non la prende. Colpo di testa verso il centro. Arriva Troy Deeney. Ha già segnato 19 gol nel corso della stagione. Venti, con questo. “I can’t believe, we lost”, sussurra Frank, mentre intorno a lui un popolo è in delirio. Non è il suo. Quindici giorni dopo il Watford allenato da Gianfranco Zola perderà la finale contro il Crystal Palace. Rete su rigore, nel supplementare, di Kevin Phillips, che l’anno dopo chiuderà la carriera ovviamente a Leicester, contribuendo a far tornare in Premier League le “volpi”.

 

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Jamie Vardy, 28 anni, leader del Leicester

E allora in un sabato di marzo, quasi tre anni dopo quel pazzo minuto, Frank è tornato a Vicarage Road. E come vanno le cose oggi, lo sapete: il Leicester di Claudio Ranieri primo in classifica, con un bomber, Jamie Vardy, passato in quattro anni dal lavoro in fabbrica a Sheffield alla vetta della classifica cannonieri. Da operaio sottopagato a possibile salvatore della Patria nei prossimi europei francesi. Nella terra di Andrew Knockheart, che oggi gioca col contagocce nella seconda serie inglese. Quel 12 maggio Jamie c’era a Vicarage Road, ma non entrò in campo. Sul terreno, oltre a Schmeichel, quel giorno piansero molti degli uomini che oggi sognano il titolo più incredibile del Dopoguerra. Piansero capitan Morgan, Dyer, Drinkwater e Schlupp.

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L’esultanza di Riyad Mahrez a Vicarage Road

Oggi, a nove giornate dalla fine, il Leicester ha cinque punti di vantaggio sul Tottenham e otto sull’Arsenal. È impossibile non tifare per loro e Frank, dentro Vicarage Road si guarda intorno e gli viene da ridere. Ha trascorso questo sabato nella curva opposta, perché stavolta hanno deciso di metterli là. Sotto i suoi occhi, l’algerino Mahrez ha segnato un gol incredibile. Quello della vittoria. L’ennesima di una stagione che in tanti vi hanno già raccontato.

 

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Kane ai tempi del Leicester

Forse c’è solo una persona che può interrompere questa favola. Lo chiamano il ciclone, di nome fa Harry e di cognome Kane. Il suo Tottenham è l’avversario più credibile di questo incredibile finale di stagione. Frank sorride beffardo. Perché lui ricorda tutto del Leicester, mica solo l’attualità patinata. E ripensa ancora a quel 12 maggio del 2013. “That fuckin’day Jamie should play, not Kane”. Cosa dici Frank? Ah sì, forse hai ragione.  Nel secondo tempo, l’allenatore Nigel Pearson aveva due punte in panchina da fare entrare: Vardy e Kane, che era arrivato in prestito dal Norwich.  Jamie restò seduto, Harry non incise. In primavera rivali e in estate compagni. Per ridare un titolo all’Inghilterra mezzo secolo dopo quel 1966.

 

When you’re smiling, the whole world smiles with you, recita l’inno del Leicester, un pezzo di Jersey Budd adottato da un’intera città. Ride Frank uscendo da Vicarage Road. Ed è proprio vero che tutto il mondo, sognando quella coppa al cielo di Leicester, ride con lui.

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