Specchiati Alessandria, è la tua favola. Dal fango a Marassi

Lacabòn è un dolce che tutti gli abitanti di Alessandria conoscono. Un bastoncino fatto di miele e zucchero nato lì, sulle rive di quel Tanaro che a metà anni ’90 squarciò in poche ore la pacatezza locale.

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Il Tanaro esonda il 6 novembre del 1994. Alessandria piangerà 14 suoi cittadini.

Era il 6 novembre del 1994,  la città stava per festeggiare San Baudolino, patrono locale. Sui banchetti, il lacabòn a contendersi morsi e attenzioni con i rabatòn, strepitose polpettine di ricotta, farina, erbette e spinaci. Mangia, prega, tifa. Per la maglia grigia dell’ Unione Sportiva Alessandria, naturalmente. Sì perché quel giorno allo stadio Moccagatta arriva il Bologna, altra nobile decaduta in serie C.

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Mario Curti, il portiere dello scandalo di Casale.

Briciole di orgoglio per una città che sul finire degli anni ’20 sfiorò lo scudetto, sfuggito per un’inspiegabile sconfitta a Casale Monferrato. Uno 0-5 nel derby che spense i sogni tricolori dei “grigi”. Un tracollo troppo brutto per essere vero. Era il primo luglio. Il giorno seguente Mario Curti, il portiere che quella domenica si chinò cinque volte nella rete, lasciò Alessandria. Dissero che aveva preso soldi dal Torino, la concorrente per il titolo. Nessuno seppe mai la verità. Ma Curti il 2 luglio salutò, chiudendo la porta alle sue spalle. Se il giorno prima avesse protetto quella di Casale, sarebbe stato un eroe.

Dalla gloria al fango in un giorno. Proprio come quel maledetto 6 novembre del ’94. Fuor di metafora, con molti più danni. Il Bologna non arrivò allo stadio e non ci arrivarono neanche i padroni di casa. Il Tanaro impazzito anticipò tutti. San Baudolino assisteva inerme all’ira della natura. Erano quasi tutti a tavola al momento dell’esondazione. Morirono in 14 ad Alessandria. In 70 in tutto il Piemonte. Lo stadio Moccagatta, inaugurato un anno dopo la grande delusione del ’29, fu devastato. Ma i piemontesi sono un popolo poco avvezzo al pianto e in due mesi sistemarono tutto.

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Il Moccagatta nel novembre del 1994.

Il 22 gennaio, il “Mocca” riaprì i cancelli per Alessandria-Spal. Lo scrittore piemontese Alessandro Baricco la descrisse così: “Un’alluvione finisce anche così, con ventidue giocatori in braghette corte che entrano in campo. E undici hanno la maglia grigia. E il campo si chiama Moccagatta. E quel che c’è intorno si chiama Alessandria”. Tutti in piedi ad applaudire. All’inizio e alla fine. I grigi la vinsero quella sfida: 3-1, in rimonta. Sul campo, come fuori.

Se la ricordano bene quella partita ad Alessandria, perché di gioie sportive da quel giorno ne hanno viste poche. Anzi. Una trafila di campionati anonimi, pochi bagliori, poi solo tenebre. Retrocessioni, fallimenti, buio. Si ricomincia dall’Eccellenza, con la “e” maiuscola e tutto il resto misero. Un passo alla volta i grigi tornano nella terza serie. Si chiama Lega Pro anziché serie C, ma la sostanza è la stessa di vent’anni prima.

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Angelo Gregucci, 51 anni, allenatore dell’Alessandria.

Però quest’anno l’Alessandria gioca un grande calcio e primeggia nel suo campionato. L’allena Angelo Gregucci, un “mister Grey” senza troppe sfumature e qualche bruciatura sul curriculum. Due rapidi esoneri in serie A a Lecce e a Bergamo: nove partite totali, un pareggio e otto sconfitte. Se fosse un pugile, la spugna sarebbe in mezzo al ring. Ma l’ex stopper della Lazio non è mai stato un personaggio arrendevole. E il calcio premia sempre chi sa rialzarsi. Da un’alluvione o dalle delusioni.

Martedì 15 dicembre i grigi hanno compiuto un’impresa storica, battendo 2-1 a Marassi il Genoa negli ottavi di Coppa Italia. Erano arrivati lì grazie a un altro miracolo sportivo, un clamoroso 2-3 a Palermo. Due squadre di serie A battute in poche settimane. Tante facce sconosciute, molti eroi romantici. Uno più di tutti: Gianmarco Vannucchi, l’erede in mezzo ai pali di Mario Curti. È nato il 30 luglio del 1995, quando il Moccagatta era già asciutto e il fango messo da parte. Almeno fisicamente. A Genova ha parato tutto. I 2500 tifosi arrivati dal Piemonte si sono aggrappati a lui e a San Baudolino. Martedì non sembrava che ci fosse molta differenza fra i due sul campo.

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Riccardo Bocalon corre dopo il gol dell’1-2. L’Alessandria ai quarti di Coppa Italia affronterà lo Spezia.

Il sogno di un trionfo cullato a lungo dopo il gol di Marras e improvvisamente messo a repentaglio dal gol del pareggio genoano al 92′. Supplementari che puzzano di agonia, ma che nascondono un sapore dolce, come quello di un lacabòn. O più semplicemente come il gol di Bocalon, che al 114′ manda l’Alessandria in una terra sconosciuta, fra le prime 8 d’Italia.

Mister Grey esulta. Corrono tutti ad abbracciarlo. Chissà se ha mai letto Hans Christian Andersen. Il brutto anatroccolo dalle piume grigie, escluso e respinto da tutti, che sopravvive a stento fino a scoprirsi cigno in mezzo ai cigni. Vale per lui, ma anche per una città che si specchia in uno stagno e non vede più la melma.

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